L'uomo del Bogart Hotel by Emilio Martini

L'uomo del Bogart Hotel by Emilio Martini

autore:Emilio Martini [Martini, Emilio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Corbaccio
pubblicato: 2023-06-01T18:07:09+00:00


Terzo giorno

Mutiamo tutti, da un giorno all’altro,

per lente e inconsapevoli evoluzioni,

vinti da quella legge ineluttabile del tempo

che oggi finisce di cancellare ciò che ieri aveva scritto

nelle misteriose tavole del cuore umano.

Grazia Deledda,

Versi e prose giovanili, 1938 (postumo)

Svegliarsi su una poltrona scomodissima della Questura di Genova, dopo una dormita – si fa per dire – di poche ore è un’esperienza equiparabile a una seduta da un fisioterapista che deve sistemarti un’anchilosi totale: pensi che non potrai mai più camminare da homo erectus.

Curvo come un centenario, mi trascinai in bagno e, riflesso nello specchio, vidi Shrek: un orco incazzato. Mi sciacquai più volte la faccia con l’acqua fredda per cercare di riprendermi e scossi la coda, sperando che la scrollata rimettesse al loro posto le cellule cerebrali che si aggiravano disperse nella mia testa.

La polo che indossavo era stazzonata, e senz’altro non profumava, i pantaloni di tela leggera erano spiegazzati e le scarpe impolverate.

Cercai di darmi una ripulita, ma senza deodorante e pettine non riuscii a fare granché. Quando mia madre mi chiedeva qualcosa, e io accampavo scuse per non accontentarla, lei mi diceva: fai quel che puoi! E feci quel che potevo con quello che metteva a disposizione il bagno della Questura.

Rientrato in ufficio, mi trovai di fronte Romeo che non aveva un aspetto migliore del mio. Stava indicando a un giovane cameriere dove appoggiare un vassoio sul quale facevano bella mostra due cappuccini, quattro brioches, due pezzi di focaccia e un paio di spremute.

Avrei voluto abbracciarlo. Posso rinunciare al pettine, ma non alla colazione.

Iniziammo a mangiare senza parlare. Fui io a rompere il silenzio.

«Grazie, Mimmo, ci voleva!»

Romeo mi sorrise, masticando il suo cornetto e ingoiando l’ultimo sorso di spremuta.

Presi il cellulare dalla tasca dei pantaloni e mandai un WA alla Marzia. Testo essenziale. Rimbambito com’ero, meglio restare basici.

Buongiorno cara, spero tu abbia dormito bene, io poco e niente, ora sono fuori, ci sentiamo più tardi. Bacio, G. Un paio di fiori e cuori, cane e gatti. Di meglio non mi veniva. La risposta arrivò subito dopo: un cuore.

Logorroica pure lei.

Controllai la posta e chiamai anche i miei uomini a Lungariva. Quasi mi sorpresi di sentire l’agente Sabatini già presente in ufficio. Tutto liscio, mi disse. Mi chiese un paio di precisazioni, gli diedi qualche breve compito e fine. Riagganciai. Meglio così, se la cavavano anche senza di me.

Dopo una mezz’ora ci raggiunse la pattuglia che avevamo mandato all’ortomercato a cercare informazioni sul giovane Vasco Grimaldi. Avevamo saputo dal fratello che aveva lavorato lì, magari ci era tornato nel giorno del suo omicidio e proprio chi non doveva rivederlo… l’aveva rivisto?

Il rapporto degli agenti però non diede molte speranze: erano passati dieci anni e nessuno dei facchini impiegati ora si ricordava di lui. Un mulettista più anziano, però, aveva fornito l’indirizzo di un operaio in pensione che, dopo trent’anni di carico e scarico casse, conosceva tutti, quindi forse anche il nostro mister Bogart.

«Si chiama Giovanni Canepa. Vive a Nervi a questo indirizzo» ci disse il collega.

«Andiamoci subito, Romeo» dissi, alzandomi, e producendo un disonorevole rumore di ossa crocchianti che sperai di aver percepito solo io.



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